Pino e Pinuccia Marola

Altri tempi. C’è un avvocato anticlericale, massone e liberale, che prende a benvolere un ragazzo privo di mezzi, di estrazione contadina, e gli impartisce saltuarie “lezioni” di cultura generale, umanistica, scientifica, politica, durante improvvisati incontri. Ci troviamo a Gattinara (VC) in mezzo agli anni Trenta. L’insegnante estemporaneo viene dall’umanesimo tardo ottocentesco, per capirci quello del “collega” Pietro Gori, di Germinal di Emile Zola, del darwinismo, delle prime scienze sociali. L’allievo è un giovane dall’ intelligenza pronta e vivace, dal carattere ribelle, temperamentoso. L’avvocato gli presta dei libri che pretende vengano letti, ma non deve faticare troppo, perché Pino li divora: ha fame di sapere.
Quando, molti anni dopo, mi consegnerà a sua volta qualche volume, si arrabbia perché non glieli restituisco sgualciti e scompaginati. In realtà, considerandoli preziosi, li tratto e li leggo con la massima cura, ma lui, constatandone il perfetto stato di conservazione, mette perfino in dubbio che io li abbia letti davvero e mi ammonisce severamente. Il libro non gli importa come oggetto, in quanto merce con un suo valore intrinseco, ma solo come strumento di conoscenza.
Anche questo era il Marola.
Tra i libri che mi propone, c’è “Cristo tra i muratori”, opera di Pietro Di Donato, sconosciuto ai più. A dispetto del titolo, l’autore è laico, uno scrittore-operaio italo-americano che nella più celebre delle sue opere narra una vicenda segnata proprio da drammatici infortuni di cantiere. Il titolo originale, “Christ in concrete” ovvero “Cristo nel calcestruzzo” nasce dalla vicenda del padre del protagonista che precipita dal ponteggio e affoga in una colata di cemento. Il romanzo ha tale successo da essere preferito al coevo “Furore” di Steinbeck, ma nel tempo viene successivamente dimenticato. Altra lettura, insieme all’amatissimo Errico Malatesta che gli capita spesso di citare, è la prolifica produzione di Mario Mariani. Ma anche il divulgatore scientifico Flammarion  compare sugli scaffali della biblioteca personale. Acquista ogni mese la rivista Science: uno dei passatempi di Giuseppe Marola consiste nel risolvere il difficile problema di matematica, per la quale mostra una spiccata attitudine, in quarta di copertina. Non si trattava del “Quesito con la Susi” della settimana enigmistica, per intenderci.

Oratore efficace e appassionato, dalla voce chiara e potente, spesso partecipa ai pubblici dibattiti e contraddittori, esponendo concetti disarmanti per la loro semplicità ma assolutamente efficaci e comprensibili.
Aveva preso parte alla Resistenza in armi, in una formazione garibaldina, insieme a Giuseppe Ruzza, che ne riferisce nella videointervista riportata nel sito e ricorda, tra l’altro, dei fatti della Ceramica Pozzi di Gattinara, che ebbero allora notevole risonanza e li costrinse alla macchia.
Subisce le attenzioni della polizia a seguito dell’attentato alla Banca dell’Agricoltura di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 a Milano, fatto che viene in un primo tempo attribuito agli anarchici, stante la sua frequentazione del circolo anarchico milanese della Ghisolfa e la sua amicizia con Giuseppe Pinelli e Pasquale Valitutti.
Operaio edile, per la precisione “ferraiolo”, cioè addetto alla confezione delle armature per il cemento armato, è da sempre delegato CGIL in un settore non molto sindacalizzato. Con altri due compagni di lavoro, Ermanno e Fortunato, intraprende negli anni Settanta una energica azione di sensibilizzazione sulla sicurezza nei cantieri. La campagna è riportata dalla Stampa e dalla Gazzetta del Popolo, desta molta attenzione e suscita le reazioni delle Imprese che arrivano a minacciare fisicamente il solitario terzetto che “gira” per la provincia con una mostra itinerante, denunciando pubblicamente le pericolose condizioni di lavoro dei muratori. La legge 626 sulla sicurezza verrà dopo, molto dopo.
Pino è un anarchico che appartiene al movimento operaio e al Sindacato più che alle organizzazioni libertarie. Sembra più interessato, nel solco anarcosindacalista di Armando Borghi, all’azione diretta più che allo sviluppo del dibattito politico nel movimento e alla sua pubblicistica. La sua poca ortodossia lo porta a lavorare anche con la sinistra comunista, pur restando sempre fermo nelle sue posizioni, e questo gli è causa di qualche poco velata critica, ma la sua onestà e passione politica lo fanno apprezzare da tutti.
A causa di problemi familiari, che il suo temperamento non contribuisce a risolvere, decide di vendere la propria abitazione di Novara e di trasferirsi in Calabria, terra natale della sua compagna. E’ già in pensione, e il richiamo a una vita tranquilla sembra funzionare. Torna saltuariamente a Novara, soggiornandovi in camper, ma dirada sempre di più le sue rimpatriate e, di conseguenza, gli incontri con amici e compagni. Come spesso accade, le vicissitudini poco prevedibili di una vita provocano vicinanze e distacchi. Non l’ho più rivisto.
Qualche anno fa sono stato avvicinato dal locale Dirigente dell’Ufficio di Polizia Politica, meglio nota come Digos. La provincia è così, nel bene e nel male ci si conosce tutti. E’ stato lui, lo “sbirro”, a dirmi che Pino era morto.
Se n’era andato solo come un cane, in un letto d’ospedale nella mia città, a due passi da casa mia, a mia completa insaputa. Gli era stato vicino soltanto lui, negli ultimi giorni di vita: lo “sbirro”. Lo aveva assistito nelle ultime piccole necessità. Il servitore dello stato aveva accompagnato l’anarchico nel trapasso.
“Belli i compagni tuoi, manco al funerale! Ma pure tu che la pensavi come lui, che eravate amici, tu dov’eri?...”   
Da dentro salì con rabbia un vaffanculo che lèvati, ma non seppi a chi indirizzarlo.
Mi venne soltanto in mente un “Grazie”, e gli porsi la mano prima di andarmene.



Indietro
Libreria
Home page